Il volume che Donatella Di Cesare ha dedicato all’analisi dei Quaderni neri di Heidegger e, più in generale, al tema dell’antisemitismo filosofico, ha contribuito a stimolare un ampio dibattito sull’atteggiamento heideggeriano nei confronti degli ebrei: evidentemente le argomentazioni della Di Cesare hanno saputo toccare alcuni aspetti nevralgici dal punto di vista teoretico, suscitando così spunti di riflessione che dall’ambito accademico si sono riversati anche sui maggiori quotidiani.
Della compromissione di Heidegger con il regime nazionalsocialista si discute in realtà da lungo tempo, ma la Di Cesare ha il merito di approfondire la questione filosofica inserendola nel contesto di una duratura tendenza antisemita del pensiero di lingua tedesca, che da Lutero giunge fino a Heidegger. Al tempo stesso l’autrice evita di cadere negli opposti estremismi, tipici di molti autori che si sono occupati dell’ambiguo rapporto fra Heidegger e il nazismo: da un lato vi sono gli heideggeriani che vedono nel filosofo tedesco principalmente l’autore di Essere e tempo e ritengono le sue posizioni politiche in definitiva irrilevanti, dall’altro vi sono quanti sostengono (sulla scorta anche dei libri di Farías e di Faye) che Heidegger è un cattivo maestro e che la sua filosofia non merita ulteriori approfondimenti.
La novità dei Quaderni neri, ancora in via di pubblicazione, non consiste comunque nell’evidenziare una contiguità di Heidegger con il nazismo, già nota e discussa, ma nel rendere evidente come il filosofo non si sia mai allontanato teoreticamente, neanche nel secondo dopoguerra, dalle sue deprecabili posizioni. Nei Quaderni neri sono infatti esposte esplicitamente tesi che Heidegger aveva espresso solo in modo velato, se si eccettua forse la celebre prolusione rettorale del 1933 su L’autoaffermazione dell’università tedesca. Scrive la Di Cesare: “I Quaderni neri hanno senza dubbio una funzione chiarificatrice. Non poche sono infatti le pagine in cui affiora un antisemitismo in nessun modo distante, nell’insieme dei suoi motivi, da quello razzista-apocalittico di quegli anni successivi alle leggi di Norimberga” (p. 131).
Sembra in effetti che il pensiero di Heidegger non possa prescindere dal problema dell’ebraismo, che per lui è un problema ontologico: gli ebrei hanno abbandonato l’essere per l’ente e la guerra mondiale non è appunto che un conflitto fra l’essere e l’ente, il cui esito dovrà essere la traduzione nel nulla dell’ebreo attraverso un massacro ontologico. Solo così la Germania, cuore dell’Europa, potrà per Heidegger condurre l’Occidente oltre la notte dell’Essere, sul sentiero del mattino.
Dopo la Shoah e la fine del secondo conflitto mondiale, quando Marcuse scriverà al suo maestro Heidegger per chiedergli una pubblica presa di distanza dal nazismo, questi risponderà in modo elusivo, sostenendo che anche i tedeschi dell’Est hanno subito dei gravi abusi dai russi, oppure attribuendo genericamente alla Gestell, all’apparato tecnico, la colpa di quanto accaduto. I Quaderni neri, che lo stesso Heidegger chiese di pubblicare dopo la sua morte perché li riteneva il coronamento del suo pensiero, contribuiscono a far luce sull’intera questione.
Sembra proprio che nella Storia dell’Essere non ci sia posto per le grida soffocate delle vittime: “Di qui il disinteresse ontologico di Heidegger verso la Shoah. Una volta messo allo scoperto il dispositivo tecnico, lo sterminio diventa filosoficamente irrilevante. Se Heidegger avesse scorto la singolarità di Auschwitz, se lo avesse riconosciuto come evento traumatico, avrebbe lasciato che quel trauma spezzasse le coordinate ontologiche, mandasse in frantumi la Storia dell’Essere. Ma nel suo orizzonte notturno, segnato dalla luce lontana che dovrebbe illuminare la terra del mattino, nessuna intrusione ontica può interrompere quella destinazione, neppure l’eclisse dell’umano” (p. 238).
La questione che si pone a noi oggi, anche alla luce dei Quaderni neri, è naturalmente la seguente: che cosa farne di Heidegger e della sua filosofia? La risposta della Di Cesare appare netta: sarebbe parimenti sbagliato sia ignorare la compromissione di Heidegger con il nazismo limitandosi a studiarlo come “puro filosofo”, sia gettare i suoi libri alle ortiche e cancellarne il pensiero dalla storia della filosofia. Occorre piuttosto approfondirne lo studio e capire come e perché un filosofo che ha esercitato una profonda influenza sulla cultura europea del Novecento sia stato così vicino al più terrificante progetto di modificazione biopolitica che la storia dell’umanità abbia conosciuto.
- Titolo: Heidegger e gli ebrei. I Quaderni neri
- Autore: Donatella Di Cesare
- Editore: Bollati Boringhieri, Torino 2014.
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