Piccolo teatro profano Intorno a una pratica di laboratorio di teatro in lingua straniera.

In questa riflessione porto la mia attenzione su una pratica di laboratorio che unisce il teatro all’apprendimento delle lingue straniere e che da dodici anni ha occupato in modo sempre più rilevante il tempo della mia didattica universitaria. Nonostante le battaglie vinte per rendere tale attività riconosciuta come offerta formativa istituzionale, l’economia dei crediti che regola il lavoro dei docenti e degli studenti contiene e determina solo imperfettamente il lavoro che vi viene prodotto. L’oscillazione tra lavoro e non lavoro, economia dei crediti ed economia dell’evento, istituzionalizzazione e precarietà dimostra come questa pratica produca una serie di duplicità il cui senso collettivo merita di essere esplorato. In particolare, la mia riflessione su questo teatro non professionista e “profano” (prendendo in prestito il termine usato da Alan Read) verte su due piccole e potenti evidenze: la produzione di un orario condiviso da tutti (una politica del tempo), e lo studente non-attore e non parlante nativo sulla scena (una produzione di potenza a partire dall’imperfezione). Il progetto, ora attività formativa e piccolo festival, si chiama TiLLiT e si svolge presso l’Università del Piemonte Orientale a Vercelli.

Parole chiave

Pedagogia teatrale; lingua straniera; non professionismo; politica del tempo

Abstract

My self-reflexive writing turns on a workshop practice combining theatre and foreign language learning that has taken up an increasing share of my teaching time schedule in the University over the past twelve years. Despite our success in having this activity acknowledged and integrated into the student BA curriculum, the economy regulating the amount of work of teachers and students alike (measured in “credits”, or CFU) fails to contain and take fully into account the work that is produced in the workshops. The oscillation between work and non-work, credit economy and event economy, institutionalization and precariety, shows that this practice fosters a range of duplicities whose collective meaning is worth exploring. I am proposing a reflection on this kind of amateur theatre, which I am renaming “lay theatre” borrowing Alan Read’s term, on the basis of two small yet powerful materialities: the production of a shared timetable (therefore a politics of time), and the students’ work on stage, both as non professionals and non-native speakers (therefore, an empowerment whose foundation lies in imperfection). The name of the project – a workshop module and a small festival – is TiLLiT, and takes place at Università del Piemonte Orientale in Vercelli.

Keyword

Theatre in education; foreign language acquisition; amateur practices; politics of time



è professore associato di Letteratura inglese e teatro presso l’Università del Piemonte Orientale (Vercelli). Ha pubblicato saggi di teoria queer e di performance studies. Ha scritto una trilogia di saggi sulla spettatorialità teatrale: “Teatro superstite” (2009), “La presenza dello spettatore” (2013), e “Crepuscoli dello spettatore. Attività, inattività e lavoro dello spettatore nell’economia performativa” (in via di pubblicazione). Dal 2010 lavora intorno alla nozione di “archivio affettivo”; insieme a Giulia Palladini e Annalisa Sacchi ha curato a Vercelli il convegno internazionale Affective Archives, sperimentando con il formato della conferenza scientifica; nel 2015 insieme con Giulia Palladini ha curato il progetto Lexicon For an Affective Archive (un libro in polacco, in corso di traduzione in inglese). È co-direttore della collana Áltera (ETS, Pisa) di intercultura di genere e queer, per la quale ha curato Queer in Italia (2011).


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