Introduzione
A partire dall’ottobre del 1915 e sino al 1918, compare nel panorama editoriale e letterario italiano la rivista “Armenia” il cui direttore onorario italiano è il prof. Corrado Corradino. Gli animatori della rivista Armenia (che esce a Torino con regolarità mensile) sono in gran parte anonimi: accanto ad alcuni italiani vi sono degli armeni tra cui una posizione di spicco è ricoperta dal dottor Der Stepanian che probabilmente fu anche l’ideatore della rivista. Il suo ruolo è quello di redattore capo e di punto di riferimento organizzativo. La sede operativa della rivista si trova allo stesso indirizzo della sua casa e del suo laboratorio di latticini e molti editoriali firmati con pseudonimi sono senz’altro suoi. La rivista ha tuttavia un direttore onorario italiano (Corrado Corradino), un responsabile (Carlo Margaria) e gode dell’appoggio di una serie di altre figure di spicco della cultura dell’epoca come Adriano Gimorri, Ettore Cozzani e Terenzio Grandi. La rivista ha come scopo quello di documentare le brutalità in atto contro il popolo armeno, mostrando solidarietà con gli ideali di indipendenza degli armeni e manifestando forte contrapposizione sia ai turchi che ai tedeschi, in quegli anni oltretutto nemici dell’Italia. La rivista segue con puntualità l’andamento della guerra in atto e in particolare l’evolversi della situazione politica in Anatolia e nel Caucaso. I toni degli articoli sono molto appassionati: spesso viene enfatizzato il ruolo della Russia e la speranza che proviene dalle vittorie che ottiene sul fronte meridionale, tutto ciò grazie anche all’appoggio dei battaglioni armeni. Spesso compaiono agenzie ed articoli pubblicati dalla stampa quotidiana sia italiana che estera, francese in particolare. Antonio Gramsci, in un articolo del marzo del 1916 sugli armeni, dopo avere denunciato quanto poco si è concretamente fatto per conoscere ed intervenire contro le “stragi armene” così afferma: “A Torino qualcosa si è fatto. Esce da qualche mese una rassegna intitolata appunto Armenia che con serietà di intenti, con varietà di collaborazione dice cosa sia, cosa voglia e cosa vorrebbe diventare il popolo armeno. Dalla rivista dovrebbe partire l’iniziativa di una collana di libri che con più efficace persuasione e dimostrazione desse all’Italia un quadro di ciò che è la lingua, la storia, la cultura, la poesia del popolo armeno.”[1]
Vengono riportati in appendice due stralci della rivista: il primo riguardante il primo numero dell’ottobre 1915, il secondo riguardante il terzo numero del dicembre 1915. Come si può notare nel primo numero tra le notizie riportate vi è quella dell’articolo del Messaggero del 27-28 agosto 1915 ovvero l’intervista al Console Comm. Giacomo Guerrini, che come già detto rappresenta una svolta nell’interesse dell’opinione pubblica italiana verso la questione armena ed ai fatti sanguinosi a questa connessi. Nel medesimo numero viene data notizia dell’interessamento del Pontefice, Benedetto XV, a favore degli armeni e di un suo intervento presso il Governo Ottomano. Nell’articolo della rivista viene data informazione che il Papa ha ricevuto l’arcivescovo di Calcedonia Pitero Kolunian il quale ha informato il Pontefice degli ultimi avvenimenti in terra turca consegnando contestualmente una petizione.
Nel secondo articolo viene data notizia di quanto ha detto il Pontefice sull’Armenia durante l’allocuzione al Concistoro. L’articolista, anonimo e quindi riferibile ai personaggi sopra richiamati, dà una lettura duplice dell’avvenimento: negativa poiché l’accenno fatto del Papa risulterebbe troppo sobrio di fronte ad una realtà così drammatica, dall’altra positiva poiché seppur sobrio è fatto in un contesto italiano dove sia i giornali che i parlamentari non dedicano alcun spazio alla questione armena e ai massacri perpetrati dai turchi. In modo duro la rivista, unica voce armena in Italia, rilancia le accuse di disinteresse al mondo della stampa, della cultura e della politica del Paese. Nello stesso numero viene riportato anche l’articolo di Filippo Meda, pubblicato sulla Nuova Antologia il 16 novembre del 1915. Filippo Meda fu uno dei maggiori esponenti del cattolicesimo liberale, favorevole alla riconciliazione tra Stato e Chiesa. Deputato dal 1909, fu tra i fondatori del Partito popolare. Ricoprì anche varie cariche istituzionali come Ministro delle Finanze (1916-19) e del Tesoro nel Governo Giolitti (1920-21), rimase alla Camera fino al 1924 e fu un irriducibile avversario del fascismo. Intellettuale raffinato, nell’articolo in argomento esamina la questione armena nel panorama mondiale individuando anche le responsabilità europee. Il deputato cattolico ripercorre brevemente la storia recente del popolo armeno. Ricorda l’errore del Ministro inglese Disraeli che impedì al Congresso di Berlino di risolvere la questione e si oppose alla costituzione di un’Armenia indipendente, per paura che l’ulteriore indebolimento dell’Impero ottomano finisse col favorire la Russia zarista. Meda richiama alla memoria gli avvenimenti del 1894-1895 e il clima di complicità internazionale che accompagnò le stragi degli armeni. L’intellettuale ricostruisce quindi gli avvenimento del 1915 e ammette di non avere un’idea esatta e completa degli accadimenti anche se riconduce le persecuzioni al fatto che i turchi accusavano gli armeni di essere alleati dei Russi. Per risolvere la questione armena, secondo Meda, è necessario affrontare un altro problema ovvero l’indifferenza dell’Europa. Il contributo del deputato cattolico si colloca in un periodo già delineato nell’articolo e che coincide con l’indifferenza generale o meglio con l’interessamento dei singoli Stati ai propri problemi connessi alla guerra mondiale che si sta combattendo.
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Per consultare il raro, contattare l’editore http://epaper.eurom.it/index.php/leussein/
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[1] Tratto da Agopik Manoukian, La presenza armena in Italia 1915-1920, Guerini e Associati, Milano, 2014 pp. 17 e segg.
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