Interessantissimo e originale volumetto sulle cattedrali pugliesi, questo di Sergio Valzania. L’autore, per un tema apparentemente già ampiamente divulgato, individua una chiave interpretativa originale. La bibliografia sul tema è vasta ma queste centoventisei pagine forniscono uno strumento, un metodo, per avvicinarsi alla storia dell’architettura evitando classificazioni e stili preconfezionati. Metodo da utilizzare non solo con le tre cattedrali, Bari, Ruvo e Bitonto, descritte con ricchezza nel libro. E’ un approccio che possiamo far nostro ad ogni occasione di visita e scoperta di arte e architettura.
Anche la proposta di “avvicinamento” a queste cattedrali è innovativo, una nuova proposta presa dal passato. Non più visite dettate dalla rapidità consentita dagli attuali e veloci mezzi di trasporto (per non parlare dei motori di ricerca sul web che ormai permettono “gite” molto realistiche in ogni sito) ma un lento avvicinamento a piedi, ben equipaggiati, lungo l’Appia Traiana, parte terminale della via Francigena da dove i pellegrini salpavano alla volta della Terra Santa. Le tre cattedrali sono separate l’una dall’altra da un giorno di cammino a piedi (in automobile in mezza giornata si visitano tutte), il ritmo che avevano i pellegrini. Potevano incontrarne, scoprirne, una al giorno dopo aver percorso venti o venticinque chilometri.
Questo permette di non essere spettatori del luogo, della natura, ma di viverla dall’interno, di camminarci.
L’autore anche nell’individuare lo stile architettonico delle cattedrali non si affida ad un metodo convenzionale derivante da classificazioni accademiche. E’ il concetto stesso di stile che viene messo in discussione “……è molto meno condivisibile la ricerca di una purezza di elementi a cui fare riferimento per collocarle all’interno di una sistematizzazione…….”. Dopo l’impero romano la Puglia conobbe diverse dominazioni, dalla bizantina fino a quella sveva, passando per i Longobardi e i Normanni. E inevitabili furono le influenze anche nell’arte e nell’architettura, intese anche e non solo come segni del potere (architettura e potere hanno sempre avuto un legame fortissimo, sia nell’architettura sacra che civile).
Quindi partendo da un’inevitabile classificazione, almeno come criterio generale, che conduce al termine “romanico”, l’autore individua non tanto uno stile importato ma piuttosto un “romanico pugliese con dignità e caratteri propri”. Quindi gli architetti che operarono tra il XII e il XIII in Valle d’Itria produssero uno stile originale, riconoscibile nell’architettura sacra di questa zona, che fa di queste Cattedrali delle opere d’arte uniche e non il frutto di una reiterazione di caratteri importati.
Tutto ciò nel primo importante capitolo nel quale l’autore fornisce l’approccio che manterrà per il resto del volume.
Prosegue con una dettagliata descrizione delle cattedrali e delle opere d’arte contenute, dedicando un capitolo a ciascuno di esse, per passare poi nei sei capitoli finali ad un’analisi interessante, molto specialistica per “addetti ai lavori”. L’autore approfondisce i temi della conservazione, del restauro, del ripristino, della teoria e delle diverse scuole di pensiero. Per chi ha poca dimestichezza con la scienza (arte?) del restauro dei monumenti sarebbe necessaria la preventiva lettura del volumetto di Cesare Brandi “Teoria del Restauro” e di “Teoria e storia del restauro” di Carlo Ceschi nel quale, oltre esempi di restauri effettuati sui principali monumenti italiani (dagli interventi sull’Anfiteatro Flavio, sugli archi trionfali di Tito e Costantino fino ai ripristini post bellici), sono descritte anche le diverse correnti di pensiero.
Parte di questo lo ritroviamo anche nel bel volumetto di Sergio Valzania, con riferimenti a John Ruskin, Viollet-le-Duc e a Ettore Bernich che operò nel novecento sulle tre cattedrali pugliesi.
L’autore si chiede quindi se gli interventi di ripristino e restauro succedutisi nel tempo siano stati o meno congrui, come ad esempio la rimozione delle opere settecentesche effettuata con l’intento di ritrovare la veste originaria romanica. Il quesito finale è quindi quello posto anche dal Brandi nella sua “Teoria del Restauro”: mantenere la autenticità e la verità storica delle opere d’arte. L’austerità romanica che oggi vediamo arriva quindi dal passato o è il frutto di interventi successivi che confutano l’originalità?
L’autore risponde alle domande che si è posto concludendo che le cattedrali romaniche pugliesi debbono essere valutate “……..come proposte artistiche originali e non come reperti di un passato del quale hanno perso troppa parte delle tracce…….”. Sono piuttosto “…….il risultato di un riuscito intervento novecentesco che, anche se con scarsa consapevolezza, ha riutilizzato le loro strutture medievali per creare architetture di indubbia modernità”.
Le tre cattedrali pugliesi non avevano in origine l’aspetto che Ettore Bernich e chi è intervenuto dopo hanno dato loro. Questo non inficia comunque il loro fascino, derivato da diverse stratificazioni succedutesi nei secoli. D’altronde, conclude l’autore, anche noi non siamo più i visitatori medievali ma, pur con un approccio lento come indicato nel primo capitolo, siamo uomini del XXI secolo con la nostra sensibilità “moderna” a far da filtro.
- Titolo: Andare per le cattedrali di Puglia
- Autore: Sergio Valzania
- Editore: Il Mulino, Bologna 2015
- Pagine: 133
- Prezzo: €12.00