Le condizioni dell’arte di governo secondo Ettore Majorana

È un fenomeno tra i più singolari. Grandi pensatori che, in ambiti di studi tra loro distanti, si ritrovano ad esaminare le stesse questioni. Si misurano, nel medesimo scorcio di anni, con analoghi interrogativi. Ignari delle rispettive ricerche, generano insieme il punto di emersione culturale di problemi simultanei. Quale rapporto esiste tra la disintegrazione accidentale di un atomo radioattivo e il comportamento umano? Quali somiglianze o corrispondenze sono riscontrabili tra un elettrone individuale – quel riflettersi di un elettrone per urto su un cristallino – e la volontà umana? Da quale punto di vista o in quale prospettiva?

Sono, queste, domande suscitate dalle nuove concezioni della fisica quantistica, che tra gli anni trenta e quaranta scuotono l’attenzione del fisico italiano Ettore Majorana e del giurista e filosofo austriaco Hans Kelsen.

Mentre Ettore Majorana, in un contributo del 1942 apparso postumo sulle pagine della rivista Scienza1, riflette sul perdurante valore delle leggi statistiche nelle scienze sociali, Hans Kelsen – nelle pagine di Reine Rechtslehre. Einleitung in die rechtswissenschaftliche Problematik, pubblicate nel 19342 – si interroga sulla persistente applicabilità, nell’ambito di tali scienze, del principio di causalità al comportamento umano. Sullo sfondo vi è il rapporto tra le scienze sociali (psicologia, sociologia, storia, etnologia) – che considerano il comportamento umano così come si presenta nella realtà – e le scienze normative. Queste sono volte, non a conoscere, bensì a regolare la società per il tramite di un «nesso imputativo che unisce gli elementi dei loro propri oggetti»3. L’autorità del politico-giuridico si manifesta con una misura esterna che, risolvendosi in una connessione tra condizione e conseguenza4, lascia presumere uno stato finale di una organizzazione sociale. Un dato ordinamento (morale, religioso, giuridico) potrà dirsi efficace e funzionante ove «la conseguenza che in conformità alla norma sociale dovrebbe aver luogo, probabilmente avrà luogo»5. È una tecnica di controllo sociale che, restringendo qui lo sguardo al diritto, agisce e fa leva sulla volontà umana, spinta e orientata verso l’osservanza della norma giuridica che la sovrasta. Tuttavia, per regolare – o presumere di regolare – la società, occorre in prima battuta conoscere il comportamento umano. Al fine di adottare una misura che dall’esterno agisca in senso normativo sugli uomini – e che sia in grado di ottenere obbedienza – si deve saper interpretare il materiale umano.

Come nelle scienze della natura così nelle scienze sociali si affaccia il problema della spiegazione causale dei fenomeni. In un caso si tratta di fenomeni della natura, nell’altro si indaga il comportamento umano, considerato come elemento della natura6. Da questo punto di vista, tra scienze sociali e scienze della natura, non vi è differenza di principio.

Non è questo il luogo per ripercorrere le spinose e profonde questioni che nel tempo hanno animato, con vari accenti, il dibattito tra studiosi con diverse competenze (principio di causalità, nozione di libertà del volere, determinismo, indeterminismo, ecc.). Mi limito a rilevare che, in entrambi gli ambiti, vengono in rilievo, in linea empirica, regolarità registrabili da leggi statistiche. In questo contesto, l’apparire del discontinuo nella fisica quantistica, in relazione all’indagine dei sistemi atomici7 – e «l’abbandono del determinismo della meccanica classica a favore di una concezione puramente probabilistica della realtà»8 – non ha tolto valore alle leggi statistiche sociali. Ha anzi conferito ad esse un ulteriore fondamento. Sono queste le conclusioni ferme e lucide di Ettore Majorana. Ove anche si ritenesse plausibile che all’origine degli avvenimenti umani ci sia un fatto vitale «semplice, invisibile e imprevedibile»9 – in sé assimilabile alla disintegrazione accidentale di un atomo radioattivo – le leggi statistiche delle scienze sociali accrescono il loro ufficio in quanto danno della realtà «una testimonianza immediata e concreta»10. L’interpretazione di tale testimonianza11, resa dalle leggi statistiche delle scienze sociali – «un’arte speciale, non ultimo sussidio dell’arte di governo»12 – è il presupposto di misure normative di indirizzo di una società. Si rimarca l’idea secondo cui l’adeguatezza del comando e del controllo dipende dall’indeclinabile condizione della conoscenza della realtà umana13. Il problema è che l’ordine sociale – nei meccanismi in cui viene formandosi in una comunità, che sono psicologici, storici, sociologici, culturali – si fa sempre impenetrabile e sfuggente, sicché studiosi e governanti non possono far altro che appellarsi a presunzioni. Gli indici di una regolarità o di una qualche rispondenza a certe regole si risolvono nei dati forniti dalle leggi della statistica che, in questa prospettiva, finiscono per collocare la fisica e le scienze sociali su piani comunicanti. Sono, queste, le figure di verità, deboli e sfocate, nelle quali può fare affidamento l’arte di governo dei fenomeni sociali. La conoscenza di tali fenomeni – orientamenti e tendenze dei comportamenti umani, rilevati dalle leggi statistiche – appare decisiva per assumere, sul piano politico-normativo, decisioni efficaci e lungimiranti.

1 E. Majorana, Il valore delle leggi statistiche nella Fisica e nelle Scienze sociali,pubblicato postumo sulle pagine della rivista Scienza (vol. 36, 1942, pp. 55-66), ora in appendice al libro di G. Agamben, Che cos’è reale? La scomparsa di Majorana, Vicenza, 2016, p. 55-78.

2 H. Kelsen, Reine Rechtslehre. Einleitung in die rechtswissenschaftliche Problematik (1934), trad it. di R. Treves, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 1952, p. 215-227.

3 H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, cit., p. 216.

4 A differenza della causalità, l’imputazione indica una relazione tra condizione e conseguenza, presente in una legge morale, religiosa o giuridica, che è stabilita da atti di essere umani o sovrumani. È «quello specifico carattere della connessione fra condizione e conseguenza che viene espresso dal termine ‘dovere’» (H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, cit., p. 217).

5 H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, cit., p. 213.

6 H. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, cit., p. 215.

7 G. Agamben, Che cos’è reale?, La scomparsa di Majorana, Vicenza, 2016, p. 23.

8 G. Agamben, Che cos’è reale?,cit., p. 13.

9 E. Majorana, Il valore delle leggi statistiche nella Fisica e nelle Scienze sociali ,cit., p. 78.

10 E. Majorana, Il valore delle leggi statistiche nella Fisica e nelle Scienze sociali ,cit., p. 78.

11 Nella pagina di Giorgio Agamben «interpretare» significa qui «comandare» – verbo richiamato nella pagina di Majorana – sicché le leggi statistiche nelle scienze sociali sono volte, non a conoscere, ma a regolare la società, «al ‘governo’ dei fenomeni sociali» (in Che cos’è reale?,cit., p. 19).

12 E. Majorana, Il valore delle leggi statistiche nella Fisica e nelle Scienze sociali ,cit., p. 78.

13 Cfr., sulla linea di una visione del mondo tipicamente moderna, Z. Bauman, Legislators and Interpreters: On Modernity, Post-Modernity and Intellectuals (1987), trad. it. di G. Franzinetti, Torino, 2007, p. 14.



Relatore in vari convegni e incontri di studio, è autore di monografie, voci enciclopediche e altri contributi di diritto civile e di teoria generale del diritto. Ha curato, con Alberto Febbrajo, il volume Il diritto frammentato (Giuffrè, Milano, 2013). Primo classificato ex aequo – il 5 dicembre 1990 – premio letterario “città di Roma” per la sezione “Andrea Billi”.


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