Chi è il Barone Émile de L’Empésé?

Molte sono le strade che possono condurre alla riduzione del debito in un vincolo di natura non giuridica. Ce n’è una però davvero singolare, quella di annacquare la relazione creditore-debitore in un rapporto psicologico capovolto. Può così accadere che il creditore si affezioni al proprio debitore e si appassioni alle preoccupazioni di cui è afflitto sino a trascurare la sua pretesa; e che il debitore, armato di una sovrana indifferenza, e facendo leva sull’aplomb, riesca ad eludere le ragioni del creditore senza pagare mai un soldo.

È ciò che si apprende dalla lettura di un pamphlet apparso in Francia nel 1827 sotto lo pseudonimo del Barone Émile de l’Empésé con il titolo L’Art de payer ses dettes et de satisfaire ses créanciers sans débourser un sou ed oggi tradotto in italiano da Antonella Costa e Yann Choderlos de Laclos per la casa editrice Nova Delphi (2015). Si tratta di un Manuale di diritto commerciale, articolato in dieci lezioni, in cui si racconta la storia immaginaria e «sollazzevole» dello zio dell’autore del libello e dell’opera più nota L’Art de mettre sa cravate, che ancora oggi risuona nei libri di moda e di costume. Non è agevole stabilire chi si nasconda dietro il Barone Émile de l’Empésé. Nelle cronache letterarie l’autore è identificato, in un primo momento, in Noël Lefebvre-Duruflé (1792-1877), politico e ministro nella Seconda Repubblica e nel Secondo Impero francese (Les tables de proscription de Louis Bonaparte et de ses complices, t. 1, Liège, 1852, pagg. 27-28; Le Monde illustré, agosto 1873, pag. 123) e, poi, in Paul Émile Debraux (1796-1831), scrittore, poeta e cantautore (L’Intermédiaire des chercheurs et curieux del 10 febbraio 1910, cc. 93-94). Queste incertezze si scioglieranno intorno al nome dello scrittore e romanziere francese Èmile Marco de Saint-Hilaire (1796-1887) indicato – come autore del pamphlet – in L’Intermédiaire des chercheurs et curieux del 10 aprile 1910, cc. 313-314 e qualche anno dopo in L’Intermédiaire des chercheurs et curieux  20-30 dicembre 1916, cc. 417. Oggi il libello viene attribuito a Èmile Marco de Saint-Hilaire da Maria das Graças de Souza nella sua traduzione in brasiliano per l’edizione Unesp (São Paulo, 2011) e, inoltre, nell’edizione francese FB Editions (2015). Si presume – in questa linea –  che Èmile Marco de Saint-Hilaire affidò lo scritto per la stampa a Balzac il quale ne rivide le bozze negli anni in cui egli si avviava a svolgere l’attività di editore e di tipografo con esiti fallimentari. Erano gli anni della «schiavitù letteraria» di Balzac nei quali con la sua ditta produttrice di romanzi venivano pubblicati generi letterari sugli argomenti più vari e curiosi per i quali non si può dire quali scritti siano di mano di Balzac (S. Zweig, Balzac. Il romanzo della sua vita, (1946), trad. it. Roma, 2015, pag. 46). Questa macchina produttrice di migliaia scritti, in certi casi raffazzonati e di scarso valore letterario, può spiegare l’anonimato degli autori e l’uso di pseudonimi. Non c’è da stupirsi, in questo disordine, se in parte le ventisei tipologie di debito richiamate dal Barone de l’Empésé (in L’Art de payer ses dettes, trad. it., cit., pagg. 43 ss.) sono l’esatta riproduzione di alcuni frammenti dell’opera di Fortunato Bartolomeo De Felice, Code de l’humanité ou législation universelle, naturelle, civile et politique, t. IV, Yverdon, 1778, spec., pagg. 491-492).

In un altro indirizzo si avanza l’ipotesi che Balzac, oltre a stampare il pamphlet, ne fosse anche l’autore o il coautore. La paternità de L’Art de payer ses dettes è attribuita a Balzac nella traduzione in spagnolo per l’editore Espuela De Plata (Sevilla, 2011, v. frontespizio), nelle edizioni francesi Hachette BNF (Paris, 2012) e BoD-Jean Paul Kurtz (Paris, 2013), nella traduzione italiana per Nova Delphi, 2015 (ma v. pag. 8, in cui torna, come coautore, il nome di Èmile Marco de Saint-Hilaire).

In questo senso si può a mio avviso rileggere una pagina di Henry Monnier (1799-1877) disegnatore satirico, scrittore e attore teatrale, verso il quale Balzac nutriva sentimenti di profonda ammirazione. Il frammento rilevante suona così: «Allons-nous-en! s’écria-t-il, voici cet ennuyeux Saint-Aubin qui arrive. Voyez pourtant comme il traite son collaborateur, le co-auteur de l’Art de mettre sa cravate; mais il a raison, ajouta James Rousseau, sauve qui peut!» (in Mémoires de monsieur Joseph Prudhomme, t. 2, Parigi, 1857, pag. 99). Honoré de Balzac – qui sotto lo pseudonimo di Saint-Aubin – è richiamato come «co-auteur»  de l’Art de mettre sa cravate (e, dunque, anche de L’Art de payer ses dettes). Era il periodo della collaborazione con Horace Raisson giornalista, editore e storico, che fondò nel 1824 le Feuilleton littéraire – al quale Balzac ebbe l’occasione di collaborare – e che ha scritto diverse «caricature» di Codici (Code gourmand, manuel complet de gastronomie, Code de la toilette, manuel complet d’élégance et d’hygiène).

Non si può escludere che il rapporto di stima tra Balzac e Monnier abbia prodotto una singolare linea di continuità tra il Barone Émile de l’Empésé (dandy di Parigi, amante dell’eleganza, che fa dell’aplomb la qualità più persuasiva per non pagare i propri debiti) e monsieur Joseph Prudhomme, personaggio caricaturale della borghesia francese creato da Monnier e rispetto al quale Balzac progettò per lungo tempo, senza riuscirvi, di dedicare un ciclo di pièces. Del resto Henry Monnier è l’autore di una litografia con l’immagine del Barone de l’Empésé [disegnato anche per alcune edizioni de L’Art de mettre sa cravate e de L’Art de payer ses dettes (Henry Monnier, sa vie, son œuvre: avec un catalogue complet de l’oeuvre/Champfleury, Parigi, 1879, pagg. 363-364)], somigliante – quanto meno nell’abbigliamento, nell’espressione severa e nello sguardo distaccato – a monsieur Joseph Prudhomme.



Relatore in vari convegni e incontri di studio, è autore di monografie, voci enciclopediche e altri contributi di diritto civile e di teoria generale del diritto. Ha curato, con Alberto Febbrajo, il volume Il diritto frammentato (Giuffrè, Milano, 2013). Primo classificato ex aequo – il 5 dicembre 1990 – premio letterario “città di Roma” per la sezione “Andrea Billi”.


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