Il testo, un dattiloscritto di tre fogli, riproduce un articolo di Vittorio Frosini (1922-2001) apparso sul “Corriere della Sera” il 27 settembre 1970. Reca il titolo definitivo (“Una città consacrata capitale”) come variante manoscritta apposta sopra quello originario battuto a macchina: “Dalla Roma dei romani alla Roma degli italiani”. Oltre la data, posta sopra il paragrafo di apertura, anche l’ultima frase è un’aggiunta manoscritta.
La breve scheda bibliografica che compare nell’indice degli scritti di Frosini riporta: “In occasione del centenario di Roma Capitale d’Italia, il Congresso dell’Istituto Nazionale per la Storia del Risorgimento” che si tenne a Roma dal 21 al 25 settembre (Russano 1994 p.55). Insieme al dattiloscritto c’è poi un piccolo ritaglio del “Corriere della Sera” (del 24 settembre 1970, p.3) con brevi notizie relative al Congresso. Il documento riportato qui sopra è un contributo riassuntivo della relazione tenuta, apparso sul “Corriere” pochi giorni dopo.
Il documento era stato destinato all’eliminazione, in mezzo ad altre cose di minor interesse, nel periodo del trasferimento di sede dell’allora Istituto di teoria dell’interpretazione e informatica giuridica de “La Sapienza” di Roma. L’Istituto, sorto originariamente per impulso di Emilio Betti, celebre fautore dell’ermeneutica giuridica italiana nella metà del Novecento, aveva attratto negli anni l’interesse, anche organizzativo, di Vittorio Frosini. Si deve a lui infatti l’orientamento verso l’informatica giuridica, un campo cui si era dedicato pioneristicamente fin dalla metà degli anni Sessanta.
Personalità eclettica, formatasi in diritto e filosofia nel clima ‘normalista’ del periodo gentiliano, nella tensione tra una formale adesione al regime e la sensibilità alle spinte rinnovatrici dell’immediato anteguerra, Frosini è stato un esponente importante di quella ragione teoretica del diritto che si accompagna alla sua considerazione pratica nell’esperienza politica. La sua tesi centrale, che intende il diritto come una morfologia della prassi, può servire a rintracciare le motivazioni essenziali di questo percorso, che vede una sostanziale continuità tra l’esperienza accademica e la partecipazione alla vita pubblica italiana. Indicativa è anche la considerazione ‘umanistica’ dell’informatica nel periodo in cui il computer era un assoluto incognito, con particolare attenzione ai risvolti giuridico-politici che tanto interesse suscitano oggi.
Scritto nel periodo della maturità, quando gli incarichi accademici e governativi lo avevano già reso ampiamente partecipe della vita e del dibattito pubblico, l’articolo qui riproposto rappresenta anche una sintesi efficace della sua visione. All’erudizione storica, retaggio del clima idealistico della formazione, si accompagna una prospettiva laica ma dialogante con istanze molteplici: dal pragmatismo che vede nei fatti p.e. territoriali e geografici delle possibili chiavi di lettura di eventi più ampi che le trascendono, alla considerazione di una realtà politica dove non sono estranei gli elementi ideali, più che ideologici, che la guidano legittimandola.
Seppure brevi, appaiono poi significativi i due interventi a penna sul dattiloscritto, che compaiono in apertura come variante del titolo e in chiusura, come aggiunta conclusiva. In particolare, il riferimento alle “esitazioni e pavidità” di quel periodo può essere inteso sia in senso strettamente politico, con riferimento agli equilibri di governo, sia inquadrandolo nel più ampio scenario culturale dell’epoca. Nel 1970 erano infatti ancora del tutto attuali gli echi delle lotte operaie che sul finire del decennio precedente si erano saldati alla contestazione studentesca e giovanile. Ma la scenografia di questa stagione di lotte aspre e talvolta anche gioiose si andava già inquinando, da quasi un anno, con la tragedia di Piazza Fontana e il suo lugubre strascico questurale. Il clima della strategia della tensione, con il noto stereotipo degli opposti estremismi, aveva ufficializzato da poco la sua nascita. Tanto più rilevante appare dunque l’accenno di Frosini, un invito alla conciliazione nella pacatezza del dialogo, fatto in un momento in cui la crisi dei moduli della politica italiana del dopoguerra appariva ancora non irreversibile.
[Il documento originale di Vittorio Frosini è scaricabile liberamente nel link sottostannte fino al 10 novembre 2015 ]
17_Vittorio_Frosini_Citta consacrata capitale
Acquista questo articoloLe fonti.
1) Per l’articolo
Vittorio Frosini. Una città consacrata capitale “Corriere della sera”, 27 settembre 1970, p.3.
2) Per la relazione al congresso
Vittorio Frosini. “Aspetti giuridici della questione romana”. Ora in La fine del potere temporale e il ricongiungimento di Roma all’Italia. Atti del 45° congresso di storia del Risorgimento italiano – Roma, 21-25 settembre 1970. Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Roma 1972 (pp. 629-55). Precedentemente in “Nuova Antologia” a.105, vol.510, fasc. 2038, Roma 1970 pp. 267-96. Ristampato in Giovanni Spadolini (a cura di), Il venti settembre nella storia d’Italia. La Nuova Antologia, Roma 1970, pp. 115-43
Riporta la scheda bibliografica: “Testo della relazione al XLV Congresso di Storia del Risocgimento Italiano. Roma, settembre 1970” (Russsano cit., p. 54).
Per un orientamento sull’autore
Russano, Roberto (a cura di) Vittorio Frosini. Bigbliografia degli scritti (1941-1993) Giuffré, Milano 1994. Schede citt. alle pp. 54-5. [Si tratta dell’unica bibliografia oggi disponibile, che non include pertanto gli scritti degli ultimi anni].
Jellamo Anna, Riccobono Francesco (a cura di), In ricordo di Vittorio Frosini Giuffré, Milano 2004 [Antologia di contributi che si soffermano sulle varie sfaccettature dell’opera di Frosini].
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